terça-feira, 13 de julho de 2010

Come è nata la rete


Il contesto storico all´interno del quale si sviluppano i primi esperimenti e le prime forme di comunicazione in rete è quello della guerra fredda. All´interno della disputa per la supremazia tecnologica e militare tra USA e URSS, il governo nord americano crea l´ARPA (Advanced Research Projects Agency) un istituto di ricerca che convoca diversi ricercatori e scienziati per risolvere problemi tecnologici legati alla sicurezza nazionale e offrire soluzioni strategico-militari. La crisi dei missile del 1962, segnata dalla installazione a Cuba di missili a testata nucleare, aveva posto il governo di Eisenhower dinnanzi alla minaccia reale di un attacco che avrebbe reso impossibile, data l´entità del suo impatto distruttivo, la realizzazione di una risposta militare al primo attacco. In risposta a tale minaccia viene creata, all´interno della ARPA, la RAND corporation che si propose la soluzione del problema attraverso la contrattazione di ricercatori e scienziati di varie aree accademiche. Anche se le ricerche avevano finanziamenti e obiettivi chiaramente militari, va rilevato che molti dei ricercatori coinvolti facevano parte dei movimenti legati alla controcultura e alla lotta per i diritti civili che, giá a metá degli anni sessanta, erano presenti nei college e negli ambienti accademici nord americani. Alcuni di questi ricercatori iniziarono a pensare ad un sistema che riuscisse a ricomporre le strutture, militari e comunicative, distrutte, in seguito ad un primo attacco di distruzione totale. La soluzione fu trovata da Paul Baran che propose un modello comunicativo in rete, senza centro, organizzato in una miriade di punti informativi, che trasferiva l´informazione da un punto X1 al punto più prossimo X2, permettendo così sempre la ricostruzione di un percorso informativo che riusciva a continuare diffondere i messaggi anche se privato di una struttura. Cercando sempre il punto più vicino, un punto qualsiasi (X2) raggiunto da un informazione la ritrasmetteva a sua volta al punto piú prossimo (X3), che a sua volta la ripassava, allo stesso modo al suo più immediato vicino (X4). Il messaggio sarebbe, così, sempre riuscito a ricostruirsi un percorso e a diffondere i contenuti anche nella assenza totale di una architettura di informazione. La struttura della rete di P. Baran si differenziava, quindi, dalle altre due proposte di rete, la prima centralizzata, ossia basata sulla diffusione in rete di informazioni da un unico centro e dalla seconda, ¨decentralizzata¨, basata su una architetture informativa di rete formata da piú centri. A tali modelli, come si evince dall´immagine, P. Baran sostituisce un modello di rete ¨distribuita¨, senza centro, basata in uno scambio continuo, dinamico e a-direzionale, delle informazioni. Nasce così, nel 1968, la ARPANET, una rete di computer che attraverso la forma comunicativa distribuita poneva in rete università e centri di ricerca degli Stati Uniti e la cui diffusione avrebbe originato successivamente la rete Internet. Nel 1972 Ray Tomlinson inviò la prima forma di posta elettronica ¨e-mail¨ da un computer ad un altro e nel 1974 Vinton Cerf e Bob Kahn firmano un importante protocollo, denominato TCP/IP, che permetterà la compatibilità tra computer e software diversi e quindi l´espansione universale della rete che sancirà nel 1984 la completa emancipazione della rete dalla Arpanet e dal ministero della difesa nord americano.

domingo, 20 de junho de 2010

La rete

A differenza delle altre rivoluzioni comunicative, che avevano mantenuto il carattere unidirezionale dei flussi informativi, anche se mutando i supporti e le tecniche che spostavano contenuti e messaggi da un centro (emissore) ad una periferia (pubblico recettore), la comunicazione digitale nasce come conseguenza di una trasformazione tecnologica che altererà lo stesso processo comunicativo. Questo si configura non più come una architettura discendente, ma come una rete che pone tutti i membri allo stesso distanza informativa fornendo a tutti i suo membri l´ accesso a tutte le informazioni, realizzando, così, l´utopia dell´inclusione totale. Ma, soprattutto, i membri della rete, per la prima volta nella storia dell´umanità, hanno lo stesso potere comunicativo, ossia, lo stesso potere di produzione e distribuzione delle informazioni. Finisce, cosi, la passività tecnologica, la sfera pubblica opinativa, il pubblico e la massa silenziosa, le moltitudini. La rivoluzione tecnologica digitale ha dato inizio ad una nuova epoca comunicativa che ha trasformato non soltanto il modo di comunicare ma la stessa architettura del processo comunicativo. Una forma interessante per capire le dimensioni di tale storica trasformazione del comunicare è l´analisi delle rappresentazioni estetiche dei processi comunicativi. Il modello analogico, che ha caratterizzato i processi comunicativi dal teatro, al libro, all´ elettricità (media de massa, cinema , Tv), può essere rappresentato con una freccia da un punto A in direzione ad un punto B. Dove A sta per emissore (centro attivo produttore delle informazioni) e B sta ad indicare il pubblico recettore (tecnologicamente passivo). Al contrario la rappresentazione grafica di una rete digitale, o meglio di una parte di essa, sarà costituita da un groviglio di flussi informativi incrociati, che si sovrappongono in tutte le direzioni. Qualcosa di Simile ad una matassa, ad un gomitolo, o ad una costellazione.

sexta-feira, 11 de junho de 2010

Le rivoluzioni comunicative e la vocazione democratica dei media




Secondo M. McLuhan ¨Le società sono state sempre influenzate più dalla natura dei media, attraverso i quali gli uomini si comunicavano, che dal contenuto delle loro comunicazioni¨. Senza cadere in una analisi deterministica e tecno-centrica, appare tuttavia evidente come le alterazioni tecnologiche comunicative che hanno interessato periodicamente la nostra storia, hanno innescato importanti trasformazioni.

Si possono distinguere, all´interno della storia dell´occidente cinque momenti importanti di trasformazione tecnologico-sociale, cinque grandi rivoluzioni comunicative, che segnano l´inizio di importanti cambiamenti economici e sociali: l´invenzione della scrittura, avvenuta nel IV millennio A.C., l´invenzione dei caratteri mobili e della stampa, avvenuta nella metà del XV sec., la scoperta dell´elettricità e la sua applicazione alla comunicazione (radio, cinema, Tv) avvenuta alla fine del secolo XIX, l´avvento della comunicazione digitale (web 1.0), alla fine del secolo XX e, in fine, la banda larga e la diffusione della comunicazione sociale in rete (social network, web 2.0) nel 2006.Ad ognuna di queste rivoluzioni si assiste ad un incremento della quantità delle informazioni prodotte, ma anche ad un aumento del pubblico raggiunto da queste e, al tempo stesso, ad una riduzione del costo per la produzione delle stesse e del tempo necessario alla loro distribuzione. In altre parole, ad ogni rivoluzione comunicativa, l´introduzione di una nuova tecnologia per diffondere le informazioni (scrittura, stampa, giornali, radio, tv, reti) ha sempre determinato l´aumento delle quantità di informazioni prodotte e l´ampliamento del numero di persone che potevano essere raggiunte da un flusso comunicativo. L´impatto e le conseguenze ad ogni rivoluzione furono sempre, da diversi punti di vista, sociale, economico, politico, qualitative. E´ in tale aspetto inclusivo a risiedere il carattere democratico delle tecnologie comunicative, che soltanto nella nostra epoca digitale, raggiunge la possibilità piena dell´inclusione totale, ossia l´utopia dell´accesso di tutti gli individui a tutte le informazioni.

domingo, 6 de junho de 2010

Il futuro digitale della democrazia


Il futuro digitale della democrazia:

la società in rete e le trasformazioni tecnologiche della partecipazione sociale


I. Premessa breve

I contenuti che saranno di seguito qui postati, a partire da oggi, sono nati da un invito di Luca Nardi, creatore del gruppo faceboock Salviamo il lago di Albano e mio amico, che mi ha proposto di sviluppare una serie di punti per riflettere insieme sul significato delle reti digitali e sull´impatto della comunicazione digitale sui processi decisionali, sulle relazioni con il territorio e sui processi di trasformazione sociale. Detto così, l´intento può apparire eccessivamente ambizioso ed anche, forse, un pó troppo accademico ma, al contrario, l´obiettivo e la scomessa sarà quella di riuscire a cucire appena uno strumento di riflessione sulle nostre pratiche e su quello che sta succedendo al nostro agire e alla nostra forma di percepire e interpretare il nostro territorio. Più che un compendio, quindi, o un manuale, cercherò di mettere su uno strumento, di facile uso, una specie di glossario delle reti digitali, e delle forme ¨post politiche¨ delle società contemporanea. Il postulato da cui partiamo è la crisi del fare politica e del fare della politica. Crisi non solo italiana, ma epocale, che ha prodotto quel progressivo e ormai incolmabile allontanamento tra le istituzioni che nella modernità hanno costituito i legittimi spazi del confronto e dell´agire sociale (partiti, sindacati, governi, regioni, comuni, etc) e la società civile, in altre parole tra il mondo politica e i problemi reali della gente e del territorio.

Il gruppo nato da face book Salviamo il lago di Albano è una risposta a tutto ciò ma è anche un nuovo formato che non si sostituisce appena al modo di far politica tradizionale ma crea qualcos´altro che non sappiamo ancora spiegarci per intero. La nostra epoca è marcata da un problema di linguaggio. Dinnanzi alle cose che ci succedono non abbiamo spesso le parole a disposizione, avvertiamo, per esempio, che la parola ¨sviluppo¨ non riesce a contenere e a descrivere quella pluralità di processi e di fenomeni meta-economici, culturali, sociali, ambientali, che oggi consideriamo condizioni implicite e requisiti indispensabili per l´avverarsi di una espansione economica duratura.

L´obiettivo che ci proponiamo sarà pertanto quello di fornire concetti, parole nuove e stimoli di riflessione, attraverso testi brevi ed agili, distribuiti a più riprese, in formato ¨post¨ che possano indicare dei cammini interpretativi su le possibilità che le reti digitali e le forme tecno-interattive di cittadinanza ci offrono. Breve e puntuali analisi, quindi, che rivelano gli ultimi dinamismi della stretta relazione tra modello democratico e struttura informativa, in ultima analisi, tra media,comunicazione e democrazia. Invece di uno sguardo critico sul potere dei media e sulla loro presunta capacità di manipolazione e di influenza, l´insieme delle informazioni che intendo raccogliere offriranno un interpretazione descrittiva sulle oggettive possibilità che in diversi continenti e nei contesti più diversi le reti digitali stanno aprendo, permettendo l´accesso alle informazione, la diffusione di contenuti, la difesa dell´ambiente, la sua appropriazione cosciente e la diffusione di pratiche di sviluppo info-territoriale gestite dal basso.

Lo spazio del primo introduttivo messaggio è terminato. Una delle caratteristiche della comunicazione digitale è la rapidità, ossia lo scambio veloce ed efficiente delle informazioni. Mi chiamo Massimo Di Felice, insegno teoria della comunicazione digitale e teoria della opinione pubblica presso l`Università di S. Paulo in Brasile e sono di Albano.

sábado, 19 de janeiro de 2008

Rave II


Avevo capito che il centro della socialità di una festa Rave era da localizzare nei nuovi significati culturali e comunicativi delle nuove generazioni metropolitane e, quindi, nei legami comunitari prodotti dalla musica, ma anche in quelli creati dalle nuove forme mistiche che si esprimevano negli stadi di alterazione provocate dalla combinazione suono-droghe. Mi rianimai, rivolsi l' osservazione verso tali nuove direzioni e tornai a campo. Il primo elemento, quello legato ai legami comunitari musicali, non mi sembrò, sin dall' inizio un legame particolarmente vincolante. Ovviamente la cultura della musica elettronica, della House Music e di tutte le sue derivazioni, stimolava l' interesse dei frequentatori ma non nel senso tradizionale, ossia non certamente nelle forme e nei significati delle avanguardie musicali o delle comunità sorte attraverso i diversi stili e generi musicali. Abbandonai, pertanto, anche tale approccio e mi diressi con convinzione verso l ' aspetto mistico. La relazione, musica-danza-trans , la crisi delle forme religiose tradizionali, l' avvento della new age e la crisi delle forme ideologiche del sociale avevano aperto lo spazio al sorgere di nuovi significati. Una prima constatazione era relativa all' assenza totale dell' elemento rituale, evidente dal fatto che nelle Rave non si percepiva nessuna forma di collettività, nè di coesione di piccoli gruppi. Si doveva, semmai, pensare ad una forma individuale di mistica, che emergeva nelle forme solitarie della danza che facevano a meno anche del tradizionale elemento di approssimazione tra i sessi. I corpi si movevano autonomamente e, sopratutto, senza nessuna comunicazione tra loro. Anche se l' elemento mistico era seduttore, soprattutto se legato alle sue inedite espressioni immanenti, che sembravano indicare un contatto diretto e fisico con l' ignoto, non era tuttavia sufficiente, da solo, a spiegare le solitarie forme di convivio così diverse da quelle gruppali e dionisiache delle discoteche tradizionali. Nessuna seduzione, nessun rituale di fine settimana, nessuna evasione dalle norme e dai costumi morali, nè spazio di incontro e di diffusione di culture alternative o, in certo qual modo, di ritualità e significati collettivi. Se il movimento hip hop aveva espresso in quegli anni anche i valori e gli elementi di una cultura orgogliosamente marginale, praticamente con espressioni diverse in tutte le metropoli, non si poteva dire lo stesso delle Rave e dei suoi frequentatori.

Una aggregazione senza cultura, ne significati sociali, una spazialità extra-sociale... continuavo a cercare possibili interpretazioni, ma alla fine mi restava sempre qualcosa difficile da capire, il centro della questione continuava a sfuggirmi. Né lo studio degli stili e delle loro variazioni si rivelò utile a tal proposito. Conclusi coì che anche la ricerca dei significati rituali, mistici o collettivi, non mi aveva portato ad un livello interpretativo per me soddisfacente. Avevo capito che neanche l' interpretazione antropologica mi permetteva, come quella sociologica, di capire fino in fonod il senso delle aggregazioni delle feste rave ... quando, come accade in questi casi, senza un perchè preciso, ebbi una luce. Stanco di osservare le interazioni tra i presenti mi ero messo ad osservare le performance dei dj e il loro effetto sul pubblico. Mi era parso subito chiaro che la relazione tra il dj e il pubblico era completamente diversa da quella dei concerti rock dove si aveva sul palco l' esibizione dell' artista e dall' altra la presenza degli spettatori-fans. Qui l' interazione era d' altro tipo e non solo per il fatto relativo al dialogo continuo con il pubblico, come sempre rivelato dalle dichiarazioni dei dj che ammettono la necessità di interazione come un elemento fondamentale per la sequenza dei loro interventi, ma anche per la poca presenza di palco del dj, che rimaneva praticamente quasi nascosto, passando quasi sempre completamente inosservato. Da ciò compresi che nelle rave le relazioni e le forme di socialità non erano antropomorfiche, ossia non avvenivano soltanto tra soggetti, gruppi, etc, ma tra corpi, onde sonore, circuiti elettrici, (sequencer, computers, mixer, amplificatori, etc) e droghe sintetiche. Decisi di smettere di osservare i comportamenti e le persone che frequentavano le Rave e passai ad osservare le installazioni, gli impianti delle luci, gli amplificatori e le consol dei dj, le casse e i circuiti eletrici che, non solo producevano musica, ma creavano ambiente determinando una situazione sociale transorganica.


sexta-feira, 18 de janeiro de 2008

Rave I


Più volte ho cercato di fare osservazione partecipante in una festa Rave, o in un evento con musica elettronica. Sin dall' inizio sapevo che più che osservare la situazione sociale, ciò che succedeva, le dinamiche dei gruppi, le forme di interazione, gli stili estetici, etc., avrei dovuto "sentire" .
Le prime esperienze, ancora da sociologo, mi insegnarono, in un breve periodo, che all'interno di una Rave non c'erano gruppi, ne tutto sommato socialità, ossia dinamiche riconoscibili di "tribu" urbane o di piccoli collettivi estetici. A volte mi era parso che 4 o 5 Clubber si distinguessero perchè danzavano prossimi ma, in poco tempo, il gruppetto si disfaceva e ogni uno planava altrove.
Era come se, una volta superato l'ingresso, il sociale finisse e con esso anche le forme di individualità estetiche. Tornando a casa, sempre all' alba, il mio quadernino dove ero solito raccogliere le mie osservazioni e gli appunti, era praticamente vuoto.
Cercai allora di organizzare una tipologia di tipi di eventi, distinguendoli, sia in termini di organizzazione che in termini topografici. Al lato dei grandi raduni urbani, generalmente sponsorizzati da grandi imprese, vi erano gli incontri extra-polis, ossia in contesti naturali e all'aperto. Nel caso del Brasile si svolgevano soprattutto sul litorale o all' interno, in fazendas, ci furono anche alcune raves in foresta, in Amazzonia, o nella mata atlantica. Ma col tempo anche questa divisione mi sembrò poco eloquente, il limite tra la festa privata ad invito sullo stile delle TAZ, o quella piu istituzionale, con DJ internazionali e grandi sponsor, col tempo si andò assotigliando e indebolendo.
Mi ricordo che all' epoca avevo pensato di interpretare le Rave alla luce della TAZ e delle interpretazioni fornite da Hakim Bey sulle forme di riappropriazione temporaria dei corpi e degli spazi, e sulla critica alle forme dialettiche dell'abitare politico.
Ma col passare del tempo mi resi conto che l'immaginario dell'area temporariamente liberata era pressochè assente e che, sempre di più, le Raves si proponevano mondialmente all'interno di una certa istituzionalità, sia in termini di organizzazione, sia in termini di spazi.
L'ultima interpretazione sociologica possibile era, ovviamente, quella che rimandava alle vecchie logiche di classe e di esclusione, ossia alla distinzione tra le Raves con il biglietto d' ingresso ad alto costo e quelle gratis, o quasi. A rimuovere tale pensiero, che nel disuguale contesto sociale brasiliano si imponeva con forza, fu la visione di un film-documentario, realizzato da alcuni alunni della Eca che si proponeva di approfondire il tema. Il film dal titolo polissemico, "Cavallo di Troia", che alludeva tanto all' antico stratagemma per realizzare l'invasione della inespugnabile città, quanto al noto virus diffuso in quel periodo, mostrava le diverse forme escogitate dai ragazzi meno abbienti per entrare alle raves evitando l'ingresso ufficiale e il biglietto. La camera seguiva le sortite dei passaggi nella foresta, i percorsi aspri fatti per agirare i controlli e per permettere a tutti di accedere. Anzi, dalle interviste appariva evidente come fosse questo, per i gruppi che si avventuravano nei percorsi accidentati, l'elemento elettrizzante e trasgressivo che sostituiva le vecchie forme di riappropriazione degli spazi tradizionali. Insomma, nessuna pista soddisfacente che potesse ripropormi un ordine sociale all'interno del quale interpretare sociologicamente l'evento.
Non mi diedi per vinto e tornai alla carica, questa volta con l'occhio giusto che, più che sulle dinamiche sociali, si proponeva di dirigere l' osservaizone su quelle corporali e sulle forme ritualistiche e simboliche delle raves.
Avevo optato per un'esperienza etnografica che rivelasse attraverso l'osservazone antropologica i significati socio-culturali che non riuscivo a decifrare con le categorie interpretative della sociologia.

quarta-feira, 16 de janeiro de 2008

Gli intelletutali nell' epoca della comunicazione wireless

Recentemente in un convegno organizzato a Roma, nella facoltà di Lettere e Filosofia della Univesità di "Tor Vergata", si è discusso sulla destituzione politica degli intellettuali. Una tematica interessante che pone il dito nel quotidiano, difficile e tormentato, di chi cerca nella nostra epoca di svolgere l' attività del ricercatore. Fatto questo, contemporaneo, solo in parte, forse da considerasi più una constante nel corso della storia che senza dubbio ha visto anche tempi peggiori, in cui mutare la prospettiva attraverso la quale era osservata la realtà e il mondo o ipotizzare l’ esistenza di qualcosa di diverso dal conosciuto, significava rischiare la propria vita. Ma questo non serve certo da consolazione ai nostri giorni. Il problema in questo momento è un altro e ha a che vedere non soltanto con il difficile rapporto tra conoscenza e potere ma forse anche con il cambiamento del pensiero e del pensare nel mondo contemporaneo. In altri termini se il passaggio dall’ uomo tipografico a quello elettronico e cinematografico è stato in un certo qual modo una espansione della scrittura nell’ immagine, le post-geografie delle reti sembrano interrogare in modo diverso il sapere e, conseguentemente, i suoi artefici. Non mi riferisco qui, ovviamente, soltanto alla questione delle autorie e del pensiero collaborativo ma si, alle forme transorganiche del pensare in rete. Esiste un consenso diffuso nelle scienze della mente nel considerare il nostro cervello come qualcosa di simile ad un muscolo che passa a definirsi e a trasformarsi a seconda delle stimolazioni esterne occasionate. Da tale punto di vista si deve considerare che le forme connettive dell' intelligenza hanno determinato il passaggio da una forma empatica del pensiero, che si nutriva e sviluppava esclusivamente con la lettura, ad una forma ampliata, che espande il nostro cerebro al satellite e lo ridefinisce continuamente attraverso le dinamiche interattive delle connessioni digitali. Accanto alla lettura e alle forme visuali ed elettroniche dei media, si è aggiunta una nuova forma di costruzione di significati e di pensiero, che si articola in forma diversa, rispetto alle precedenti. Come la tipografia contribuì alla formazione del pensiero illuminista, individualista e razionale e, successivamente, l' elettricità e i midia di massa hanno contribuito a generare quello opinativo e rivoluzionario, dello scienziato moderno, versione intellettuale dell' eroe cavalleresco, le reti dovranno esercitarci ad un altra forma di costruzione di significati e una inedita forma del pensare. Se in una prima fase si studiava sui libri e si diffondevano i contenuti nella rete, già da qualche tempo siamo andati ben oltre. Come saranno i pensatori che sviluppono il loro pensare negli ambienti wireless ? Come spesso succede certamente è più facile dire come non saranno: non saranno più come sono stati, ne produrre conoscenza e fare cultura avrà lo stesso significato, ciò che si è prospettato per l' arte riguarda anche il pensiero, ciò che è avvenuto con gli artisti, gli eroi e i condottieri, riguarda anche gli intellettuali.