Il contesto storico all´interno del quale si sviluppano i primi esperimenti e le prime forme di comunicazione in rete è quello della guerra fredda. All´interno della disputa per la supremazia tecnologica e militare tra USA e URSS, il governo nord americano crea l´ARPA (Advanced Research Projects Agency) un istituto di ricerca che convoca diversi ricercatori e scienziati per risolvere problemi tecnologici legati alla sicurezza nazionale e offrire soluzioni strategico-militari. La crisi dei missile del 1962, segnata dalla installazione a Cuba di missili a testata nucleare, aveva posto il governo di Eisenhower dinnanzi alla minaccia reale di un attacco che avrebbe reso impossibile, data l´entità del suo impatto distruttivo, la realizzazione di una risposta militare al primo attacco. In risposta a tale minaccia viene creata, all´interno della ARPA, la RAND corporation che si propose la soluzione del problema attraverso la contrattazione di ricercatori e scienziati di varie aree accademiche. Anche se le ricerche avevano finanziamenti e obiettivi chiaramente militari, va rilevato che molti dei ricercatori coinvolti facevano parte dei movimenti legati alla controcultura e alla lotta per i diritti civili che, giá a metá degli anni sessanta, erano presenti nei college e negli ambienti accademici nord americani. Alcuni di questi ricercatori iniziarono a pensare ad un sistema che riuscisse a ricomporre le strutture, militari e comunicative, distrutte, in seguito ad un primo attacco di distruzione totale. La soluzione fu trovata da Paul Baran che propose un modello comunicativo in rete, senza centro, organizzato in una miriade di punti informativi, che trasferiva l´informazione da un punto X1 al punto più prossimo X2, permettendo così sempre la ricostruzione di un percorso informativo che riusciva a continuare diffondere i messaggi anche se privato di una struttura. Cercando sempre il punto più vicino, un punto qualsiasi (X2) raggiunto da un informazione la ritrasmetteva a sua volta al punto piú prossimo (X3), che a sua volta la ripassava, allo stesso modo al suo più immediato vicino (X4). Il messaggio sarebbe, così, sempre riuscito a ricostruirsi un percorso e a diffondere i contenuti anche nella assenza totale di una architettura di informazione. La struttura della rete di P. Baran si differenziava, quindi, dalle altre due proposte di rete, la prima centralizzata, ossia basata sulla diffusione in rete di informazioni da un unico centro e dalla seconda, ¨decentralizzata¨, basata su una architetture informativa di rete formata da piú centri. A tali modelli, come si evince dall´immagine, P. Baran sostituisce un modello di rete ¨distribuita¨, senza centro, basata in uno scambio continuo, dinamico e a-direzionale, delle informazioni. Nasce così, nel 1968, la ARPANET, una rete di computer che attraverso la forma comunicativa distribuita poneva in rete università e centri di ricerca degli Stati Uniti e la cui diffusione avrebbe originato successivamente la rete Internet. Nel 1972 Ray Tomlinson inviò la prima forma di posta elettronica ¨e-mail¨ da un computer ad un altro e nel 1974 Vinton Cerf e Bob Kahn firmano un importante protocollo, denominato TCP/IP, che permetterà la compatibilità tra computer e software diversi e quindi l´espansione universale della rete che sancirà nel 1984 la completa emancipazione della rete dalla Arpanet e dal ministero della difesa nord americano.
Post-Polis
Diario di Campo in Contesti Digitali di Massimo Di Felice
terça-feira, 13 de julho de 2010
Come è nata la rete
domingo, 20 de junho de 2010
La rete
sexta-feira, 11 de junho de 2010
Le rivoluzioni comunicative e la vocazione democratica dei media
Secondo M. McLuhan ¨Le società sono state sempre influenzate più dalla natura dei media, attraverso i quali gli uomini si comunicavano, che dal contenuto delle loro comunicazioni¨. Senza cadere in una analisi deterministica e tecno-centrica, appare tuttavia evidente come le alterazioni tecnologiche comunicative che hanno interessato periodicamente la nostra storia, hanno innescato importanti trasformazioni.
Si possono distinguere, all´interno della storia dell´occidente cinque momenti importanti di trasformazione tecnologico-sociale, cinque grandi rivoluzioni comunicative, che segnano l´inizio di importanti cambiamenti economici e sociali: l´invenzione della scrittura, avvenuta nel IV millennio A.C., l´invenzione dei caratteri mobili e della stampa, avvenuta nella metà del XV sec., la scoperta dell´elettricità e la sua applicazione alla comunicazione (radio, cinema, Tv) avvenuta alla fine del secolo XIX, l´avvento della comunicazione digitale (web 1.0), alla fine del secolo XX e, in fine, la banda larga e la diffusione della comunicazione sociale in rete (social network, web 2.0) nel 2006.Ad ognuna di queste rivoluzioni si assiste ad un incremento della quantità delle informazioni prodotte, ma anche ad un aumento del pubblico raggiunto da queste e, al tempo stesso, ad una riduzione del costo per la produzione delle stesse e del tempo necessario alla loro distribuzione. In altre parole, ad ogni rivoluzione comunicativa, l´introduzione di una nuova tecnologia per diffondere le informazioni (scrittura, stampa, giornali, radio, tv, reti) ha sempre determinato l´aumento delle quantità di informazioni prodotte e l´ampliamento del numero di persone che potevano essere raggiunte da un flusso comunicativo. L´impatto e le conseguenze ad ogni rivoluzione furono sempre, da diversi punti di vista, sociale, economico, politico, qualitative. E´ in tale aspetto inclusivo a risiedere il carattere democratico delle tecnologie comunicative, che soltanto nella nostra epoca digitale, raggiunge la possibilità piena dell´inclusione totale, ossia l´utopia dell´accesso di tutti gli individui a tutte le informazioni.
domingo, 6 de junho de 2010
Il futuro digitale della democrazia
Il futuro digitale della democrazia:
la società in rete e le trasformazioni tecnologiche della partecipazione sociale
I. Premessa breve
Il gruppo nato da face book Salviamo il lago di Albano è una risposta a tutto ciò ma è anche un nuovo formato che non si sostituisce appena al modo di far politica tradizionale ma crea qualcos´altro che non sappiamo ancora spiegarci per intero. La nostra epoca è marcata da un problema di linguaggio. Dinnanzi alle cose che ci succedono non abbiamo spesso le parole a disposizione, avvertiamo, per esempio, che la parola ¨sviluppo¨ non riesce a contenere e a descrivere quella pluralità di processi e di fenomeni meta-economici, culturali, sociali, ambientali, che oggi consideriamo condizioni implicite e requisiti indispensabili per l´avverarsi di una espansione economica duratura.
L´obiettivo che ci proponiamo sarà pertanto quello di fornire concetti, parole nuove e stimoli di riflessione, attraverso testi brevi ed agili, distribuiti a più riprese, in formato ¨post¨ che possano indicare dei cammini interpretativi su le possibilità che le reti digitali e le forme tecno-interattive di cittadinanza ci offrono. Breve e puntuali analisi, quindi, che rivelano gli ultimi dinamismi della stretta relazione tra modello democratico e struttura informativa, in ultima analisi, tra media,comunicazione e democrazia. Invece di uno sguardo critico sul potere dei media e sulla loro presunta capacità di manipolazione e di influenza, l´insieme delle informazioni che intendo raccogliere offriranno un interpretazione descrittiva sulle oggettive possibilità che in diversi continenti e nei contesti più diversi le reti digitali stanno aprendo, permettendo l´accesso alle informazione, la diffusione di contenuti, la difesa dell´ambiente, la sua appropriazione cosciente e la diffusione di pratiche di sviluppo info-territoriale gestite dal basso.
sábado, 19 de janeiro de 2008
Rave II
Una aggregazione senza cultura, ne significati sociali, una spazialità extra-sociale... continuavo a cercare possibili interpretazioni, ma alla fine mi restava sempre qualcosa difficile da capire, il centro della questione continuava a sfuggirmi. Né lo studio degli stili e delle loro variazioni si rivelò utile a tal proposito. Conclusi coì che anche la ricerca dei significati rituali, mistici o collettivi, non mi aveva portato ad un livello interpretativo per me soddisfacente. Avevo capito che neanche l' interpretazione antropologica mi permetteva, come quella sociologica, di capire fino in fonod il senso delle aggregazioni delle feste rave ... quando, come accade in questi casi, senza un perchè preciso, ebbi una luce. Stanco di osservare le interazioni tra i presenti mi ero messo ad osservare le performance dei dj e il loro effetto sul pubblico. Mi era parso subito chiaro che la relazione tra il dj e il pubblico era completamente diversa da quella dei concerti rock dove si aveva sul palco l' esibizione dell' artista e dall' altra la presenza degli spettatori-fans. Qui l' interazione era d' altro tipo e non solo per il fatto relativo al dialogo continuo con il pubblico, come sempre rivelato dalle dichiarazioni dei dj che ammettono la necessità di interazione come un elemento fondamentale per la sequenza dei loro interventi, ma anche per la poca presenza di palco del dj, che rimaneva praticamente quasi nascosto, passando quasi sempre completamente inosservato. Da ciò compresi che nelle rave le relazioni e le forme di socialità non erano antropomorfiche, ossia non avvenivano soltanto tra soggetti, gruppi, etc, ma tra corpi, onde sonore, circuiti elettrici, (sequencer, computers, mixer, amplificatori, etc) e droghe sintetiche. Decisi di smettere di osservare i comportamenti e le persone che frequentavano le Rave e passai ad osservare le installazioni, gli impianti delle luci, gli amplificatori e le consol dei dj, le casse e i circuiti eletrici che, non solo producevano musica, ma creavano ambiente determinando una situazione sociale transorganica.
sexta-feira, 18 de janeiro de 2008
Rave I
Le prime esperienze, ancora da sociologo, mi insegnarono, in un breve periodo, che all'interno di una Rave non c'erano gruppi, ne tutto sommato socialità, ossia dinamiche riconoscibili di "tribu" urbane o di piccoli collettivi estetici. A volte mi era parso che 4 o 5 Clubber si distinguessero perchè danzavano prossimi ma, in poco tempo, il gruppetto si disfaceva e ogni uno planava altrove.
Era come se, una volta superato l'ingresso, il sociale finisse e con esso anche le forme di individualità estetiche. Tornando a casa, sempre all' alba, il mio quadernino dove ero solito raccogliere le mie osservazioni e gli appunti, era praticamente vuoto.
Cercai allora di organizzare una tipologia di tipi di eventi, distinguendoli, sia in termini di organizzazione che in termini topografici. Al lato dei grandi raduni urbani, generalmente sponsorizzati da grandi imprese, vi erano gli incontri extra-polis, ossia in contesti naturali e all'aperto. Nel caso del Brasile si svolgevano soprattutto sul litorale o all' interno, in fazendas, ci furono anche alcune raves in foresta, in Amazzonia, o nella mata atlantica. Ma col tempo anche questa divisione mi sembrò poco eloquente, il limite tra la festa privata ad invito sullo stile delle TAZ, o quella piu istituzionale, con DJ internazionali e grandi sponsor, col tempo si andò assotigliando e indebolendo.
Mi ricordo che all' epoca avevo pensato di interpretare le Rave alla luce della TAZ e delle interpretazioni fornite da Hakim Bey sulle forme di riappropriazione temporaria dei corpi e degli spazi, e sulla critica alle forme dialettiche dell'abitare politico.
Ma col passare del tempo mi resi conto che l'immaginario dell'area temporariamente liberata era pressochè assente e che, sempre di più, le Raves si proponevano mondialmente all'interno di una certa istituzionalità, sia in termini di organizzazione, sia in termini di spazi.
L'ultima interpretazione sociologica possibile era, ovviamente, quella che rimandava alle vecchie logiche di classe e di esclusione, ossia alla distinzione tra le Raves con il biglietto d' ingresso ad alto costo e quelle gratis, o quasi. A rimuovere tale pensiero, che nel disuguale contesto sociale brasiliano si imponeva con forza, fu la visione di un film-documentario, realizzato da alcuni alunni della Eca che si proponeva di approfondire il tema. Il film dal titolo polissemico, "Cavallo di Troia", che alludeva tanto all' antico stratagemma per realizzare l'invasione della inespugnabile città, quanto al noto virus diffuso in quel periodo, mostrava le diverse forme escogitate dai ragazzi meno abbienti per entrare alle raves evitando l'ingresso ufficiale e il biglietto. La camera seguiva le sortite dei passaggi nella foresta, i percorsi aspri fatti per agirare i controlli e per permettere a tutti di accedere. Anzi, dalle interviste appariva evidente come fosse questo, per i gruppi che si avventuravano nei percorsi accidentati, l'elemento elettrizzante e trasgressivo che sostituiva le vecchie forme di riappropriazione degli spazi tradizionali. Insomma, nessuna pista soddisfacente che potesse ripropormi un ordine sociale all'interno del quale interpretare sociologicamente l'evento.
Non mi diedi per vinto e tornai alla carica, questa volta con l'occhio giusto che, più che sulle dinamiche sociali, si proponeva di dirigere l' osservaizone su quelle corporali e sulle forme ritualistiche e simboliche delle raves.
Avevo optato per un'esperienza etnografica che rivelasse attraverso l'osservazone antropologica i significati socio-culturali che non riuscivo a decifrare con le categorie interpretative della sociologia.