domingo, 23 de dezembro de 2007

Ricercare

Esistono due forme distinte di fare ricerca, due modi diversi che dicono a rispetto non soltato di "come", ma anche di "ciò" che si ricerca e, conseguentemente, di chi vogliamo essere.
Due forme che rimettono anche a due epoche diverse.
Una è la forma accademica e tradizionale, che riproduce l' estetica dell' "azione bella" dell' artista, del politico o del guerrigliero, che vede l' intellettuale come il portatore di una verità e di un pensiero innovatori. Architetto di una conoscenza avanguardista e marginale che può spesso manifestarsi, paradossalmente, anche come contrapposta alla accademia, in quanto, si presenta come tutta nuova e originale.
Tale tipo di ricerca viene svolta da ricercatori che creano scuole e discepoli e che intendono la attivita della ricerca come un atto solitario e auto-celebrativo, il cui risultato è un' opera autorale inedita.
Tale concezione pensa che la conoscenza accademica sia diversa e superiore a quella popolare e che gli intellettuali hanno la funzione sociale di dirigere i cambiamenti e di indicare il cammino.
La seconda forma, rimette a collettivi intelligenti, a menti "aperte" in quanto connesse ad altre che condividono lo stesso ricercare in campi diversi. Niente a che vedere con un "comunitarismo" o con un ideale filantropico ma più con una necessità epistemica, dovuta alla altereazione continua dei nostri oggetti di ricerca.
Tale alterazione è, di fatto, legata alla digitalizzaizone del mondo, ossia al ruolo svolto dalla tecnica, che introduce continuamente elementi e forme di sentire nuovi, obbligandoci a un continuo divenire, che rende impossibile la consolidazione di un pensiero individuale unico.
In sintesi, ci troviamo dinnanzi ad un dato inedito, dato dal fatto che epistemologicamente la rete e il sociale transorganico, ossia ne reale ne digitale, non possono essere mappati o teorizzati, ma interpretati soltanto temporariamente.
Ossia per il breve tempo della durata dell' ultima forma di innovazione tecnologica.
E' bene non banalizzare la relazione tra tempo e scienza, dato che è stato sempre dalla problematicizzazione di tale binomio che sono sorte le principali trasformazioni scientifiche nel metodo e nei significati delle scoperte.
Se niente di duraturo è possibile conoscere, ossia se il tempo non può essere dominato, l' unica possibilità è una scienza e una conoscenza "interattive" che scoprano percezioni e letture temporarie, che domani già saranno altre e pertanto obsolete.
Tale constatazioe genera una conscienza del tipo di lavoro e del tipo di azione dello scientista del futuro (si legga presente), diversa dai suoi significati anteriori.
Da qui la necessità di superare la forma diacronica della ricerca e sustituire a questa la forma spaziale che cerca di verificare la fertilità di una percezione nello spazio, ossia in luoghi diversi, e non più nel tempo, nella rete e non più soltanto nella sfera individuale.
Vale la pena di ripensare gli stessi concetti di intelligenza, di individuale e di collettivo, tali termini, infatti, assumono, in questa prospettiva, significati non più dicotomici, ma si temporari e transitori.
Dislocamento e presentismo,
in questa direzione andiamo...
Massimo

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