sábado, 19 de janeiro de 2008

Rave II


Avevo capito che il centro della socialità di una festa Rave era da localizzare nei nuovi significati culturali e comunicativi delle nuove generazioni metropolitane e, quindi, nei legami comunitari prodotti dalla musica, ma anche in quelli creati dalle nuove forme mistiche che si esprimevano negli stadi di alterazione provocate dalla combinazione suono-droghe. Mi rianimai, rivolsi l' osservazione verso tali nuove direzioni e tornai a campo. Il primo elemento, quello legato ai legami comunitari musicali, non mi sembrò, sin dall' inizio un legame particolarmente vincolante. Ovviamente la cultura della musica elettronica, della House Music e di tutte le sue derivazioni, stimolava l' interesse dei frequentatori ma non nel senso tradizionale, ossia non certamente nelle forme e nei significati delle avanguardie musicali o delle comunità sorte attraverso i diversi stili e generi musicali. Abbandonai, pertanto, anche tale approccio e mi diressi con convinzione verso l ' aspetto mistico. La relazione, musica-danza-trans , la crisi delle forme religiose tradizionali, l' avvento della new age e la crisi delle forme ideologiche del sociale avevano aperto lo spazio al sorgere di nuovi significati. Una prima constatazione era relativa all' assenza totale dell' elemento rituale, evidente dal fatto che nelle Rave non si percepiva nessuna forma di collettività, nè di coesione di piccoli gruppi. Si doveva, semmai, pensare ad una forma individuale di mistica, che emergeva nelle forme solitarie della danza che facevano a meno anche del tradizionale elemento di approssimazione tra i sessi. I corpi si movevano autonomamente e, sopratutto, senza nessuna comunicazione tra loro. Anche se l' elemento mistico era seduttore, soprattutto se legato alle sue inedite espressioni immanenti, che sembravano indicare un contatto diretto e fisico con l' ignoto, non era tuttavia sufficiente, da solo, a spiegare le solitarie forme di convivio così diverse da quelle gruppali e dionisiache delle discoteche tradizionali. Nessuna seduzione, nessun rituale di fine settimana, nessuna evasione dalle norme e dai costumi morali, nè spazio di incontro e di diffusione di culture alternative o, in certo qual modo, di ritualità e significati collettivi. Se il movimento hip hop aveva espresso in quegli anni anche i valori e gli elementi di una cultura orgogliosamente marginale, praticamente con espressioni diverse in tutte le metropoli, non si poteva dire lo stesso delle Rave e dei suoi frequentatori.

Una aggregazione senza cultura, ne significati sociali, una spazialità extra-sociale... continuavo a cercare possibili interpretazioni, ma alla fine mi restava sempre qualcosa difficile da capire, il centro della questione continuava a sfuggirmi. Né lo studio degli stili e delle loro variazioni si rivelò utile a tal proposito. Conclusi coì che anche la ricerca dei significati rituali, mistici o collettivi, non mi aveva portato ad un livello interpretativo per me soddisfacente. Avevo capito che neanche l' interpretazione antropologica mi permetteva, come quella sociologica, di capire fino in fonod il senso delle aggregazioni delle feste rave ... quando, come accade in questi casi, senza un perchè preciso, ebbi una luce. Stanco di osservare le interazioni tra i presenti mi ero messo ad osservare le performance dei dj e il loro effetto sul pubblico. Mi era parso subito chiaro che la relazione tra il dj e il pubblico era completamente diversa da quella dei concerti rock dove si aveva sul palco l' esibizione dell' artista e dall' altra la presenza degli spettatori-fans. Qui l' interazione era d' altro tipo e non solo per il fatto relativo al dialogo continuo con il pubblico, come sempre rivelato dalle dichiarazioni dei dj che ammettono la necessità di interazione come un elemento fondamentale per la sequenza dei loro interventi, ma anche per la poca presenza di palco del dj, che rimaneva praticamente quasi nascosto, passando quasi sempre completamente inosservato. Da ciò compresi che nelle rave le relazioni e le forme di socialità non erano antropomorfiche, ossia non avvenivano soltanto tra soggetti, gruppi, etc, ma tra corpi, onde sonore, circuiti elettrici, (sequencer, computers, mixer, amplificatori, etc) e droghe sintetiche. Decisi di smettere di osservare i comportamenti e le persone che frequentavano le Rave e passai ad osservare le installazioni, gli impianti delle luci, gli amplificatori e le consol dei dj, le casse e i circuiti eletrici che, non solo producevano musica, ma creavano ambiente determinando una situazione sociale transorganica.


sexta-feira, 18 de janeiro de 2008

Rave I


Più volte ho cercato di fare osservazione partecipante in una festa Rave, o in un evento con musica elettronica. Sin dall' inizio sapevo che più che osservare la situazione sociale, ciò che succedeva, le dinamiche dei gruppi, le forme di interazione, gli stili estetici, etc., avrei dovuto "sentire" .
Le prime esperienze, ancora da sociologo, mi insegnarono, in un breve periodo, che all'interno di una Rave non c'erano gruppi, ne tutto sommato socialità, ossia dinamiche riconoscibili di "tribu" urbane o di piccoli collettivi estetici. A volte mi era parso che 4 o 5 Clubber si distinguessero perchè danzavano prossimi ma, in poco tempo, il gruppetto si disfaceva e ogni uno planava altrove.
Era come se, una volta superato l'ingresso, il sociale finisse e con esso anche le forme di individualità estetiche. Tornando a casa, sempre all' alba, il mio quadernino dove ero solito raccogliere le mie osservazioni e gli appunti, era praticamente vuoto.
Cercai allora di organizzare una tipologia di tipi di eventi, distinguendoli, sia in termini di organizzazione che in termini topografici. Al lato dei grandi raduni urbani, generalmente sponsorizzati da grandi imprese, vi erano gli incontri extra-polis, ossia in contesti naturali e all'aperto. Nel caso del Brasile si svolgevano soprattutto sul litorale o all' interno, in fazendas, ci furono anche alcune raves in foresta, in Amazzonia, o nella mata atlantica. Ma col tempo anche questa divisione mi sembrò poco eloquente, il limite tra la festa privata ad invito sullo stile delle TAZ, o quella piu istituzionale, con DJ internazionali e grandi sponsor, col tempo si andò assotigliando e indebolendo.
Mi ricordo che all' epoca avevo pensato di interpretare le Rave alla luce della TAZ e delle interpretazioni fornite da Hakim Bey sulle forme di riappropriazione temporaria dei corpi e degli spazi, e sulla critica alle forme dialettiche dell'abitare politico.
Ma col passare del tempo mi resi conto che l'immaginario dell'area temporariamente liberata era pressochè assente e che, sempre di più, le Raves si proponevano mondialmente all'interno di una certa istituzionalità, sia in termini di organizzazione, sia in termini di spazi.
L'ultima interpretazione sociologica possibile era, ovviamente, quella che rimandava alle vecchie logiche di classe e di esclusione, ossia alla distinzione tra le Raves con il biglietto d' ingresso ad alto costo e quelle gratis, o quasi. A rimuovere tale pensiero, che nel disuguale contesto sociale brasiliano si imponeva con forza, fu la visione di un film-documentario, realizzato da alcuni alunni della Eca che si proponeva di approfondire il tema. Il film dal titolo polissemico, "Cavallo di Troia", che alludeva tanto all' antico stratagemma per realizzare l'invasione della inespugnabile città, quanto al noto virus diffuso in quel periodo, mostrava le diverse forme escogitate dai ragazzi meno abbienti per entrare alle raves evitando l'ingresso ufficiale e il biglietto. La camera seguiva le sortite dei passaggi nella foresta, i percorsi aspri fatti per agirare i controlli e per permettere a tutti di accedere. Anzi, dalle interviste appariva evidente come fosse questo, per i gruppi che si avventuravano nei percorsi accidentati, l'elemento elettrizzante e trasgressivo che sostituiva le vecchie forme di riappropriazione degli spazi tradizionali. Insomma, nessuna pista soddisfacente che potesse ripropormi un ordine sociale all'interno del quale interpretare sociologicamente l'evento.
Non mi diedi per vinto e tornai alla carica, questa volta con l'occhio giusto che, più che sulle dinamiche sociali, si proponeva di dirigere l' osservaizone su quelle corporali e sulle forme ritualistiche e simboliche delle raves.
Avevo optato per un'esperienza etnografica che rivelasse attraverso l'osservazone antropologica i significati socio-culturali che non riuscivo a decifrare con le categorie interpretative della sociologia.

quarta-feira, 16 de janeiro de 2008

Gli intelletutali nell' epoca della comunicazione wireless

Recentemente in un convegno organizzato a Roma, nella facoltà di Lettere e Filosofia della Univesità di "Tor Vergata", si è discusso sulla destituzione politica degli intellettuali. Una tematica interessante che pone il dito nel quotidiano, difficile e tormentato, di chi cerca nella nostra epoca di svolgere l' attività del ricercatore. Fatto questo, contemporaneo, solo in parte, forse da considerasi più una constante nel corso della storia che senza dubbio ha visto anche tempi peggiori, in cui mutare la prospettiva attraverso la quale era osservata la realtà e il mondo o ipotizzare l’ esistenza di qualcosa di diverso dal conosciuto, significava rischiare la propria vita. Ma questo non serve certo da consolazione ai nostri giorni. Il problema in questo momento è un altro e ha a che vedere non soltanto con il difficile rapporto tra conoscenza e potere ma forse anche con il cambiamento del pensiero e del pensare nel mondo contemporaneo. In altri termini se il passaggio dall’ uomo tipografico a quello elettronico e cinematografico è stato in un certo qual modo una espansione della scrittura nell’ immagine, le post-geografie delle reti sembrano interrogare in modo diverso il sapere e, conseguentemente, i suoi artefici. Non mi riferisco qui, ovviamente, soltanto alla questione delle autorie e del pensiero collaborativo ma si, alle forme transorganiche del pensare in rete. Esiste un consenso diffuso nelle scienze della mente nel considerare il nostro cervello come qualcosa di simile ad un muscolo che passa a definirsi e a trasformarsi a seconda delle stimolazioni esterne occasionate. Da tale punto di vista si deve considerare che le forme connettive dell' intelligenza hanno determinato il passaggio da una forma empatica del pensiero, che si nutriva e sviluppava esclusivamente con la lettura, ad una forma ampliata, che espande il nostro cerebro al satellite e lo ridefinisce continuamente attraverso le dinamiche interattive delle connessioni digitali. Accanto alla lettura e alle forme visuali ed elettroniche dei media, si è aggiunta una nuova forma di costruzione di significati e di pensiero, che si articola in forma diversa, rispetto alle precedenti. Come la tipografia contribuì alla formazione del pensiero illuminista, individualista e razionale e, successivamente, l' elettricità e i midia di massa hanno contribuito a generare quello opinativo e rivoluzionario, dello scienziato moderno, versione intellettuale dell' eroe cavalleresco, le reti dovranno esercitarci ad un altra forma di costruzione di significati e una inedita forma del pensare. Se in una prima fase si studiava sui libri e si diffondevano i contenuti nella rete, già da qualche tempo siamo andati ben oltre. Come saranno i pensatori che sviluppono il loro pensare negli ambienti wireless ? Come spesso succede certamente è più facile dire come non saranno: non saranno più come sono stati, ne produrre conoscenza e fare cultura avrà lo stesso significato, ciò che si è prospettato per l' arte riguarda anche il pensiero, ciò che è avvenuto con gli artisti, gli eroi e i condottieri, riguarda anche gli intellettuali.





sábado, 5 de janeiro de 2008

Oltre il reale e il virtuale


Il bisogno di espansione della realtà è antico quanto l'uomo. Dal mito, al teatro, alla pittura, alla lettura il desiderio di meta-realtà ha potuto manifestarsi e realizzarsi in varie versioni.
Prima del cinema e dopo l'invezione della prospettiva, i giochi delle linee di luce, e il luogo dove era esposto il quadro in una Chiesa, mostravano il chiaro obiettivo di voler simulare il reale, di mostrare una scena o un fatto come se questo si stesse ripetendo, in quel luogo e in quel momento, oltrepassando la concezione diacronica del tempo.
Fare ricerca in contesti digitali presuppone una serie di importanti cambiamenti che poco hanno a che vedere con le tecniche di ricerca del metodo di osservazione tradizionale. In primo luogo, un importante trasformazione è data dal fatto che l'interazione non avviene in un luogo geografico, ossia all' interno di una spazialità definita, la rete non ha luoghi ma architetture informative, che cambiano costantemente, ma non è questo il punto centrale. Più significativo sembra esser il fatto che la rete, nella sua espressione attuale, non è più mediata e veicolata esclusivamente dalla tela del computer. Siamo di fatto on-line anche quando pensiamo di non esserlo, e possiamo già connettarci in vari alri modi, utilizzando ormai diverse interfaces mobili. L'impatto di tutto ciò non sta tanto nell'impossibilità di descrivere qualcosa "on-line", una interazione o un avvenimento ma, sopratutto, nella conseguente impossibilità di narrare anche qualcosa off-line.
In altri termini la situazione sociale che viviamo tutti i giorni è qualcosa che non può più essere divisa in off-line e in on-line, ne in situazioni reali e in situazioni virtuali. Il nostro mondo non è più ne reale ne virtuale, ma qualcosa d'altro, ibrido, dove il luogo è sempre espandibile informativamente, e dove l' esperienza non è più soltanto sociale, estendendo le nostre sensibilità in direzione di sentiri inediti, transorganici e non più, "spazio" e "antropo" - centrici.